Parte 3 – GLI ENIGMI DEL PERIODO PREDINASTICO
Dopo la lunga divagazione indispensabile per comprendere meglio l’Antico Egitto e le sue genti, torniamo all’elenco dei Re di Manetone, la cui attendibilità è confermata da altre liste parziali di Re, ne citerò solo alcune: quella della “Camera degli Antenati” di Thutmose III°, quella del “Papiro dei Re” (conservato nel Museo Egizio di Torino) e quelle presenti sulle due Tavole di Abido e sulla “Pietra di Palermo” (il reperto più antico, risalente alla V o VI dinastia, tra il 2.500 e il 2.350 a.C.), ma ciò nonostante l’analisi di questa lista non potrà che lasciarci a bocca aperta dallo stupore. Eppure, gli anni di regno che lo scriba sacerdote ha indicato per i singoli Faraoni, a differenza degli anni di vita dei Patriarchi biblici, sono assolutamente ragionevoli, si passa dai 63 anni di regno del Faraone Menkeres (della IV Dinastia) ad un solo anno del Faraone Ramesses (della XIX Dinastia).
Questa possibile attendibilità è ancora presente in buona parte delle indicazioni temporali del Periodo Predinastico che, accettando per buona la cronologia di Manetone, sarebbe da collocare prima del 5.867 a.C. data che ci porterebbe talmente indietro nel tempo da precipitare addirittura ben oltre il periodo preistorico nel quale miti e leggende formarono il substrato culturale che agevolò la successiva invenzione delle religioni (oltre 18.000 anni prima dell’ipotetico Diluvio). Infatti Manetone pone come data di inizio del Periodo Predinastico il 30.544 a.C. iniziando con la Dinastia degli Dei che durò 13.900 anni nei quali regnarono sul Basso Egitto nove o forse più Dei di notevole importanza, scopriamo solo quelli documentati ad iniziare da: Ptah (“il più antico degli Dei”), Ra (il Dio “Uno” triplice aspetto del Sole, “creatore di tutti gli Dei”), Shu (“il Dio dell’Aria”), Geb (“il Dio della terra”), Osiride (il Dio “patrono dei morti” risalente all’Egitto preistorico), Seth (patrono della magia e mastro de caos), Thoth (colui che creava con il “verbo” inventore della scrittura), Maat (depositaria della verità e della giustizia che assieme allo sposo Thoth sovrintendeva alla “psicostasia”) e Horus (divinità solare l’Horo “dei due Orizzonti” i cui occhi erano il Sole e la Luna).
Questo lungo periodo, dagli storici inserito nel Periodo Predinastico, era in realtà indicato dagli antichi Egizi come “Zep Tepi” ovvero “il primo tempo” nel quale i Neteru, gli Dei primordiali, che abbiamo in precedenza elencato, scesero in Egitto e scacciarono degli altri Dei primordiali, gli Urshu. A questa dinastia reale divina seguirono le quattro dinastie dei Semidei che regnarono invece nell’Alto Egitto per un totale di 5.212 anni: la prima durò 1.255 anni, la seconda 1.817 (alcune annotazioni lasciano intende che in questa dinastia i regnanti fossero umani e non Semidei), poi fu la volta dei 30 Semidei di Menfi che regnarono per 1.790 anni, seguita dalla quarta dinastia dei 10 Semidei di This, che regnarono per 350 anni. Infine per altri 5.813 anni regnò un numero imprecisato di misteriosi personaggi definiti “Shemsu Hor” o “Spiriti dei Defunti” (indicati nel papiro di Torino come “i seguaci di Horo”) anch’essi Semidei; per alcuni ricercatori esseri non molto diversi dai biblici Nephilim, purtroppo di questi sovrani non si conosce né il numero, né i nomi.
Siamo così arrivati a ben 24.925 anni, tuttavia il Periodo Predinastico non è ancora terminato, risulta ancora una dinastia, quella che progressivamente portò all’unificazione dell’Alto e del Basso Egitto in un unico grande regno, definita Dinastia “0”. L’ultima parte del Periodo Predinastico, quella che potremo definire “non mitica” è stata suddivisa in quattro sotto-fasi: Naqada I, Naqada II, Naqada III (dal nome della necropoli situata a circa 80 chilometri da Luxor nella quale sono stati rinvenuti i più antichi manufatti dissotterrati sino ad oggi in Egitto, risalenti ad un periodo a cavallo tra il V° e il IV° millennio a.C.), e la sotto-fase Dinastia “0”, tuttavia nonostante siano stati portati alla luce migliaia di reperti ben poco si conosce dei Re umani che governarono nell’Alto Egitto in quel periodo.
Abbiamo un elenco di otto o nove Re (a seconda delle liste ritrovate a volte manca un Re, oppure un Re ha un nome diverso), dei quali, si ha qualche notizia solo degli ultimi quattro.
Nonostante non si abbiano certezze su quanti Re si siano avvicendati nel periodo in questione (si pensa da 9 a 13) la cronologia ad oggi ipotizzata si basa sui seguenti nomi nei quali l’epiteto Hor sta per Horo: Hat-Hor, Ny-Hor, Pe-Hor, Hedj-Hor (ritenuto Scorpione I), Iri-Hor, Thesh, Hsekiu, Wazner, Ka o Sekhen, Coccodrillo e Scorpione II.
E qui le cose si complicano, sono necessarie alcune spiegazioni. Parlando di questo specifico periodo storico non dobbiamo dimenticare che l’Egitto non era un paese unificato ma era diviso in due entità territoriali a loro volta composte da potentati locali, forse anche decine, probabilmente assoggettati al Re di turno più potente; questi Re sono indicati da dei particolari glifi detti “serekht” nei quali, all’interno di una cornice rettangolare (ne esistono anche senza cornice), è riprodotto un animale che richiama gli animali totemici in uso in molte civiltà, in questo caso legato però ad una persona e non ad un clan o una tribù. Quindi in questi “serekht” il nome dell’Horus (inteso come Re) era sostituito da un animale che lo rappresentava come: Coccodrillo o Scorpione, ma abbiamo anche “serekht” (i più antichi) privi del simbolo totemico ma con inciso un nome come: Hat, Pe e Hedj; esiste anche un “serekht” di Menes o Narmer, il primo Faraone della prima dinastia, che raffigura il suo animale di riferimento, in questo caso un pesce gatto, quindi potremmo tranquillamente indicare il primo Faraone come il Re Pesce Gatto.
Le cose si complicano per gli ultimi quattro sovrani, soprattutto perché i Re definiti Scorpione sembrano essere due, per alcuni egittologi i Re Coccodrillo (di Tarkhan) e Scorpione I (di Thinis) furono gli usurpatori di Ka (o Sekhen); altri ricercatori invece ritengono che Ka e Scorpione I siano la stessa persona; una tomba rinvenuta nel cimitero reale di Abydos è stata attribuita a Scorpione I, nei manufatti scampati ad un antico saccheggio vi è la testimonianza che le conquiste di Scorpione I si erano spinte sino al delta del Nilo (in un grafito è immortalata la sua vittoria su di un sovrano locale nel cui “serekht” è raffigurata una “testa di toro”, quindi abbiamo anche un Re Toro? A meno che Ka e Sekhen non fossero due re differenti e non uno solo.
Teniamo sempre presente che ci stiamo avventurando in un terreno minato, le informazioni sono poche, inoltre non è che per Scorpione II di Nekhen (Hieracompolis), noto come Re Scorpione, tutto si semplifichi, anche per questo sovrano gli egittologi hanno opinioni diverse: alcuni ritengono che Scorpione II e il primo Faraone Narmer (Menes) siano la stessa persona; altri che Scorpione II, dopo aver conquistato alcuni “Nomi” (regni minori), e aver sconfitto Ka che a sua volta aveva battuto Sekhen/Re Toro (divenendo il primo vero unificatore dell’Egitto) sia stato a sua volta spodestato da Narmer (Menes). Entrambe le ipotesi partono dagli stessi due manufatti ritrovati a Hieracompolis nella campagna di scavi effettuata nel biennio 1897-1898 dagli archeologi inglesi Edward Quibell e William Green, due teste di mazza in pietra decorate conservate all’Ashmolean Museum di Oxford (che anticipano la forma dello scettro di tipo “hedj” utilizzato in epoche successive), sulle quali è raffigurato il Re Horo Scorpione II con la corona bianca dell’Alto Egitto (mazza grande), e con la corona rossa del Basso Egitto (mazza piccola).
Quindi se i “serekht” di Narmer (Menes) e di Scorpione II sono differenti non sembrerebbe possibile che si tratti della stessa persona, e non essendo stato trovato un “serekht” che differenzi Scorpione I da Scorpione II, sembra cadere la tesi dei due Re Scorpione; ma non è neanche possibile che Re Scorpione e Ka siano la stessa persona, Ka ha un “serekht” particolare, privo di un simbolo animale. L’unica conclusione possibile è che non siano mai esistiti due Re Scorpione ma uno solo, che Re Coccodrillo (del quale al momento non è disponibile un “serekht”) abbia, prima usurpato Ka e poi sconfitto Scorpione II, che, a sua volta, sia poi stato sconfitto da Narmer (Menes).
Comunque anche se la fase finale del Periodo Predinastico si fosse conclusa con la quasi unificazione dell’Egitto in un unico regno e successivamente completamente unificato dal primo Faraone della prima dinastia indicata nella lista di Manetone: Menes, resta sconvolgente la somma finale degli anni dei vari periodi dinastici, anche se venissero accantonati i 13.900 delle dinastie Divine, i 5.212 anni dei Semidei e i 5.813 anni dei misteriosi “Shemsu Hor” conservando solo gli ultimi 9 o 13 re del periodo conclusosi con il Re Scorpione, la storia della civiltà Egizia si spingerebbe ancora troppo indietro nel tempo.
Non sta a noi giudicare questi numeri roboanti, quel 30.544 a.C. indicato da Manetone, non siamo egittologi e neppure storici, non abbiamo frequentato Accademie, siamo solo menti curiose. Abbiamo però visitato l’Egitto, la Turchia, Malta e altre parti di questo piccolo pianeta, abbiamo visto cose che ci hanno lasciato con il fiato sospeso, abbiamo confrontato l’estremo passato con il presente, abbiamo constatato quanto il livello intellettuale e tecnologico (giunto a loro in tempi recenti dall’occidente) di buona parte delle società che attualmente ospitano queste testimonianze di civiltà del passato siano a loro nettamente inferiori.
Chi ha lasciato quelle incredibili testimonianze non poteva essere un primate grugnante (in verità sembra l’attuale società quella più impegnata a riportare l’uomo allo stadio di un primate grugnante), qualche cosa non torna, forse dovremmo riconsiderare quanto Manetone ci ha tramandato, forse la vera storia dell’uomo non è quella che pensiamo, o meglio, quella che ci vogliono far credere. Ciò nonostante l’Antico Egitto resta e forse resterà sempre un mistero, riusciamo solo a rosicchiarne il bordo, a scorgerlo a malapena tra le nebbie del tempo, ci aggrappiamo ai piccoli particolari che le sabbie ci restituiscono, freddi gioielli inestimabili che però non ci permettono di comprendere, di afferrare un insieme quasi alieno. Siamo prigionieri dei piccoli segmenti di storia che interpretati con il pensiero limitato di questi tempi riusciamo a comprendere, e probabilmente ignoriamo e trascuriamo gli insegnamenti nascosti, psicologicamente lontani, che non riusciamo a capire. Certo è che nel misterioso Antico Egitto vi sono cose più grandi di quanto possiamo sognare e sta a noi trasformarle in realtà.
LE ALTRE LISTE REALI
“La Lista Reale di Torino”
Il “Papiro dei Re” detto anche “Canone Regio” conservato al Museo Egizio di Torino acquistato da Carlo Felice di Savoia nel 1874 era parte della Collezione Drovetti (Bernardino Drovetti console generale di Francia in Egitto), è un papiro (spezzettato in numerosi frammenti) ritrovato a Deir-el-Medina nel 1824, lungo circa 200 centimetri e alto 46, risalente alla XIX Dinastia (regno di Ramsete II); scritto in ieratico riporta anche le discusse cronologie dei “Re divini”, dei “semidivini” e degli “Spiriti dei Defunti”.
“La Pietra di Palermo”
È un frammento di una lastra molto più grande di diorite nera, misura 43 centimetri per 30,5 risalente al 2400 a.C. custodita nel Museo Archeologico Salinas di Palermo che la acquisì come donazione da tal Ferdinando Giuliano nel 1887 (esistono altri cinque frammenti della lastra originale suddivisi tra il Museo Egizio del Cairo e la Petrie Collection dell’University College di Londra.
Incisa con caratteri geroglifici su entrambi i lati, su uno riporta una porzione di cronologia faraonica, dal secondo Faraona della I° dinastia (Aha), al terzo della V° dinastia (Neferikare), per una durata di circa 700 anni.
“La Lista di Abydos”
Detta anche Tavola di Abydos (Abido) che assieme ad Eliopoli era una delle due città sante dell’Antico Egitto, è una grande incisione parietale presente sulla parete di un corridoio del tempio funerario di Seti I dedicato al culto di Osiride, situato nella necropoli di Tebe.
Nel grande bassorilievo sono riprodotti Seti I e il figlio Ramsete II nell’atto di rendere omaggio ad una selezione di loro scelta di grandi Faraoni che li hanno preceduti, dei quali sono riprodotti su tre righe sovrapposte i 76 cartigli (così suddivisi: 8 Faraoni della I° dinastia, 6 della II°, 5 della III°, 6 della IV°, 8 della V°, 6 della VI°, 17 dell’VIII°, 5 dell’XI°, 9 della XII°, 9 della XVIII° e 2 della XIX°.)
“La Lista di Karnak”
Conosciuta come la “Sala degli Antenati” era incisa sulle pareti di una sala del tempio (chiamato Akh-Menu: “Tempio di Milioni di Anni”) fatto erigere da Tutmose III° a Karnak e ospitava una incompleta lista dinastica, dei 61 cartigli faraonici originariamente incisi, attualmente ne sono visibili solamente 48 (purtroppo non elencati in ordine cronologico).
Le lastre parietali incise furono trafugate nel 1843 da Emile Prisse d’Avennes e attualmente sono esposte al Museo del Louvre a Parigi in una parziale ricostruzione in scala ridotta della sala originale.
“La Lista di Saqqara”
Il Canone di Saqqara (noto anche come Tavoletta di Saqqara) fu scoperto da Auguste Mariette nel 1860 nella tomba di Tjunery (Twnry ), un funzionario (“capo lettore sacerdote” e “supervisore dei lavori su tutti i monumenti reali“), che visse durante il regno di Ramesse II. Consiste in un’incisione su pietra ritrovata frantumata in otto parti, con una sezione mancante, che riportava un elenco di 58 cartigli di Faraoni posti su due file di 29 in ordine cronologico inverso (di cui 12 illeggibili), partendo da Ramsete II procedendo a ritroso fino a Adjib (Angieb) sesto Faraone della I° dinastia (attualmente è esposta nella sala n° 9 del Museo Egizio del Cairo. Probabilmente lo scopo dell’elenco, cronologicamente incompleto, era quello di mostrare esclusivamente antenati celebri, come appare evidente dall’esclusione di Hatshepsut, dei Faraoni eretici di Amarna e delle due dinastie Hyksos.
Esistono altre due brevi liste che non aggiungono a nulla alla cronologia redatta sino ad oggi: nel tempio funerario di Ramsete III a Medinet-Habu a Tebe (16 cartigli di altrettanti Faraoni (evidentemente gli spiriti dei Faraoni) intenti a sfilare (onorare o essere onorati simbolicamente) durante la processione della festa giubilare di Min antichissimo dio della fertilità e, sempre a Tebe, e ancora dedicata alla festa di Min, un’altra commemorazione della processione è visibile nel tempio funerario di Ramsete II dove sfilano ancora dei Faraoni trapassati (sono visibili 19 cartigli riportanti i nomi di 14 Faraoni).
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Nefertum