Raimondo di Sangro, Principe di Sansevero.

Raimondo di Sangro e la Cappella Sansevero -

Don Raimondo di Sangro (Torremaggiore, 30 gennaio 1710 – Napoli, 22 marzo 1771), settimo principe di San Severo, nacque nella Capitanata dove la famiglia paterna deteneva la parte più cospicua dei suoi possedimenti; discendeva pertanto da un nobilissimo casato di principi del Regno di Napoli e dal feudo ha il nome di “Principe di Sansevero”. Trascorse la propria infanzia a Napoli, ricevendo una prima educazione incentrata sullo studio della letteratura, della geografia e delle arti cavalleresche.

Le sue promettenti capacità indussero il nonno e il padre, rientrato da Vienna intorno al 1720, a inviare il giovane a Roma presso il prestigioso Collegio dei Gesuiti. Nel seminario romano il nostro principe si dedicò incessantemente alla filosofia e alle lingue, nonché alle scienze naturali, alla chimica e all’idrostatica (nel 1739 realizzò una pionieristica macchina idraulica e un archibugio in grado di sparare sia a polvere che ad aria compressa).

Uomo di corta statura, ma di bello e gioviale aspetto” fu un originale esponente del primo Illuminismo europeo. Valoroso uomo d’armi (fu nominato gentiluomo di Camera e Colonnello del reggimento provinciale di Capitanata) fu un letterato (già nel 1740 venne insignito del titolo di Cavaliere dell’Ordine di San Gennaro e nel 1743, dopo intensi contatti con il mondo delle accademie, fu eletto all’Accademia della Crusca insieme a Ferdinando Carlo Capponi).

Fu filosofo di spirito ed immerso in questi studi, fu editore, primeggiò per il suo ingegno prodigioso, fu prolifico inventore e intraprendente mecenate.

Dal pontefice Benedetto XIV ottenne l’autorizzazione a leggere i libri proibiti, dedicandosi in particolar modo allo studio degli scritti dei philosophes francesi e degli illuministi radicali, ai testi massonici nonché ai trattati scientifici.

Fu primo Gran Maestro della Massoneria napoletana: divenne infatti il Gran Maestro delle quattro Logge massoniche attive a Napoli tra il 1744 e il 1751.

Si sostiene che l’Antiquus Ordi Aegypti seu Misraim sarebbe nato a Napoli il 10 dicembre 1747 in Palazzo di Sangro, auspice proprio il principe Raimondo. La fondazione sarebbe stata effettuata all’interno della Loggia La Perfetta Unione, in collaborazione con l’Ordine “Di Rosa Magno” (anagramma del nostro principe, Raimondo di Sangro).

A Napoli, infatti, in questa epoca vissero ed operarono massoni ed esoteristi di grande spessore e si dice che “Raimondo di Sangro avrebbe fondato una Gran Loggia con lui Gran Maestro, il 24 ottobre 1750 nella villa del principe Carafa e che in tale ambito avrebbe preso vita appunto un nuovo rito massonico di carattere templare detto Mizraim”.

L’adesione alla massoneria era strettamente correlata alla sua poliedrica personalità e alla sua concezione esoterica della conoscenza, nonché al desiderio di aprirsi a quelle nuove idee che arricchivano il panorama culturale dell’Illuminismo europeo.

Su sollecitazione della Curia napoletana, Benedetto XIV emanò il 28 maggio 1751 la bolla Providas Romanorum Pontificium, nella quale venne ribadita l’esplicita condanna della Chiesa nei confronti della massoneria. Nel mese di luglio dello stesso anno, Carlo di Borbone provvide con un editto alla messa al bando delle Logge. Raimondo tentò un’accorata difesa delle proprie ragioni in una lettera di abiura inviata al Pontefice  il 1° agosto 1751, all’interno della quale ribadì la fedeltà di tutti i massoni rivolta al Papa così come al Sovrano.

Nel mirino delle alte sfere ecclesiastiche napoletane finì però la sua opera principale, la Lettera Apologetica, attraverso la quale tentò invano di difendere il proprio onore dalle accuse del Padre gesuita Innocenzo Molinari. La sua opera venne messa al bando dalla Congregazione dell’Indice dei Libri Proibiti con la seguente motivazione: “Ardentemente avido di fama e gloria fatua, nella prefazione della sua Lettera Apologetica mostra di essere trascinato da tale ambizione, da considerarsi quasi autore di una qualche nuova dottrina […] È cultore ed estimatore diligentissimo degli scrittori eretici, soprattutto di quelli che presso gli Inglesi introducono la libertà e l’indifferenza religiosa”.

Fra i tanti scritti si è azzardata anche l’ipotesi che Cagliostro abbia ricevuto l’iniziazione alla libera muratoria con il Rito Egizio nel 1767 a Napoli direttamente da Raimondo di Sangro.

Intorno alla figura di Raimondo di Sangro maturò un vero e proprio mito, che lo accompagnò in vita così come in morte. divenendo un simbolo, enigmatico ma potente, dei fermenti intellettuali e dei sogni di grandezza della sua generazione.

Costretto ad abiurare formalmente la massoneria non ne abbandonò i princìpi, trasformando la Pietatella (la Cappella Sansevero, di cui farò subito cenno è conosciuta anche con questo nome) nel suo personale tempio massonico.

Le invenzioni, i temi trattati nei suoi libri, la ristampa clandestina di un’opera misteriosa come Il Conte di Gabalì e, soprattutto, la complessa e velata simbologia della Cappella Sansevero[1]  hanno poi assicurato a Raimondo di Sangro un posto d’onore nella storia dell’esoterismo.

Fino al 1771, anno della morte[2] dovuta probabilmente a una malattia provocata dalle sue “chimiche preparazioni”, egli accolse nella sua residenza napoletana e nella Cappella Sansevero un consistente numero di artisti e maestranze, promuovendo una forma di mecenatismo generosa quanto estremamente esigente, specie nella descrizione delle opere da eseguire per suo conto. Per la realizzazione del complesso progetto iconografico della Cappella Sansevero, il principe chiamò diversi importanti sovrintendenti ai lavori.

Quando, nel 1746, l’artista scultore veneto Antonio Corradini si trasferisce a Napoli, Raimondo di Sangro, informatosi sulle opere fatte da questo maestro, apprende che ha eseguito sculture di donne velate e che è alla ricerca di un lavoro, decide di tenerlo presente per una sua nuova, entusiasmante, idea che sta maturando: la sistemazione della Cappella Sansevero che, per terminarla, impiegherà tutto il resto della sua vita, ma il pavimento risulterà incompiuto.

Antonio Corradini scolpisce le famose statue della Pudicizia e del Decoro e prepara i bozzetti in creta delle altre. A lui venne commissionata anche l’esecuzione del Cristo velato, del quale realizzò un bozzetto in terracotta: la statua venne poi scolpita da Giuseppe Sanmartino[3]  a causa della sua prematura morte.

Di ogni statua[4],in una lettera autografa di Raimondo di Sangro inviata il 14 novembre 1753 ad un Fratello massone, il barone Tschudy, dà una descrizione criptata, rivelando attributi, nomi e associazioni in forma ermetica e quindi, dopo essere tradotti, anche questi indizi sono da decifrare.

Queste indicazioni, una volta decifrate, si prestano a dare due distinte interpretazioni delle statue, oltre naturalmente a quella iconologica: una interpretazione massonica ed una alchemica.

Raimondo di Sangro, infatti, è stato, si, uno dei primi maestri massoni italiani, ma è stato anche un grande alchimista.

Rimando, per una completa interpretazione di tutte le statue, al testo “Rum Molh” e al “Il Codice di Marmo” di Pier Tulip da cui traggo solo alcuni interessanti cenni.

Alcune statue, anche ad un primo sguardo, rivelano, nel nome o nella posizione nella cappella o in alcuni elementi rappresentati, un possibile e forse anche chiaro significato massonico.

Cecco di Sangro (il capostipite della famiglia), ad esempio, sopra la porta d’ingresso della cappella, rappresenta il Copritore Interno del tempio massonico, così come le quattro statue con una piramide alle spalle, (la Liberalità, che aveva anche in mano il compasso, simbolo massonico, l’Educazione, la Benevolenza e la Sincerità), concorrono con i medaglioni sulla sommità delle facce ad una interpretazione massonica. Ma questa piramide ha maggiore rilevanza alchemica come si evince da un disegno nella stessa lettera inviata al barone Tschudy anche se da essa non si chiarisca tutto.

Invero è affascinate, e di facile decifrazione alchemica, la statua Il Decoro: “sole e luna fecondanti per il santo vello”, che presenta attributi maschili nella metà superiore e attributi femminili nella metà inferiore, al piede destro porta un coturno, calzatura maschile, e al sinistro uno zoccolo, calzatura femminile e questa interpretazione è confortata anche dalla definizione data dal Raimondo, che la associa a sole e luna.

Naturalmente l’elemento più importante ed ermetico della cappella è il Cristo Velato[5] posto ora al centro di essa ma che Raimondo aveva previsto di inserire nel Sancta Sanctorum del tempio, ovvero in una cripta alle spalle del suo monumento funebre.

Il Cristo velato insieme alle statue della Pudicizia e del Disinganno forma una triade.

Ebbene in una cappella cristiana ci si aspetterebbe che una triade facesse riferimento alla Trinità mentre, parrebbe fare riferimento alla triade egizia: Iside, Osiride, Horus …

…apoteosi della ricerca alchemica affrescata sul soffitto della cappella … il triangolo, espressione di trinità, racchiude la “Luce” che si irradia sul verde gioiello (pietra filosofale) ancora avvolto dal rosso mantello della Rubedo. Fra le nuvole, che sembrano i fumi della fornace alchemica, fanno da contorno altri angeli a rappresentare le fasi della Grande Opera, fra cui sarebbe facilmente identificabile la Nigredo.

Asklipiós 2022

FONTI E BIBLIOGRAFIA:

  • -Archivio di Stato di Napoli (ASNa), Segreteria degli Affari Ecclesiastici, b. 706. La trascrizione completa della memoria difensiva di Raimondo di Sangro è presente in Leen Spruit, Raimondo di Sangro. Supplica a Benedetto XIV, Alòs Edizioni, Napoli 2006.
  • – Cioffi Rosanna, La Cappella Sansevero. Arte barocca e ideologia massonica, Edizioni 10/17, Salerno 1994.
  • – Chiosi Elvira, Lo spirito del secolo. Politica e religione a Napoli nell’età dell’Illuminismo, Giannini, Napoli 1992.
  • – Croce Benedetto, Aneddoti di varia letteratura, vol. 2, Laterza, Bari 1954.
  • – Croce Benedetto, Storie e leggende napoletane, Laterza, Bari 1919.
  • – Del Curatolo Elia, Tra inquisizione e massoneria nella Napoli del ‘700. La “Lettera apologetica” del principe di Sansevero, in “Clio”, 18, 1982.
  • – Ferrone Vincenzo, I profeti dell’Illuminismo. Le metamorfosi della ragione nel tardo Settecento italiano, Laterza, Roma-Bari 2000.
  • – Giarrizzo Giuseppe, Massoneria e Illuminismo nell’Europa del Settecento, Marsilio, Venezia 1994.
  • – Massafra Angelo, Note sulla geografia feudale della Capitanata in età moderna, in Saverio Russo (a cura di), La Capitanata in età moderna. Ricerche, Grenzi, Foggia 2004.
  • – Miccinelli Clara, Il Principe di San Severo. Verità e riabilitazione, Società Editrice Napoletana.1983
  • – Nappi Eduardo, Dai numeri la verità. Nuovi documenti sulla famiglia, i palazzi e la Cappella di San Severo, Alòs Edizioni, Napoli 2010.
  • – Origlia Giangiuseppe, Istoria dello Studio di Napoli, 1754.
  • – Pruneti Luigi, Cagliostro e gli architetti africani, Edizioni Menabò, 2022.
  • – Rao Anna Maria, La Massoneria nel Regno di Napoli, in Gian Mario Cazzaniga (a cura di), Storia d’Italia. Annali 21. La Massoneria, Einaudi, Torino 2006.
  • – Sansone Vagni Lina, Raimondo di Sangro, principe di Sansevero, Bastogi, Foggia 1992.
  • – Tulip Pier, Rum Molh svelato il segreto della cappella Sansevero, Kindle Store, 2014.
  • – Tulip Pier, Il Codice di Marmo dialogo sulle religioni, Youcanprint, 2017.

[1] La cappella funeraria di famiglia è un luogo in cui l’arte si fonde con il mistero, in un connubio affascinate, si trova nel centro di Napoli in via De Sanctis.

[2] Riporto qui integralmente il Testamento vergato da Raimondo il 30 aprile 1770:” Io D. Raimondo di Sangro Principe di Sansevero a’ Trenta del Mese di Aprile Giorno di S. Severo V. dell’anno 1770, fedele alla Maestà Nostra fu Carlo III di Borbone, devoto ed intimo di S.S. Benedetto XIV o sia fu Cardinal Prospero Lambertini, stimato da Federico di Prussia e dalla di Lui Germana fu Margravia di Bareith, provvedo con questa mia dichiarazione scritta, chiusa, e suggellata, e occulta, a tramandare nel Nome del Misericordioso e Onnipotente mio Dio e Creatore, il Cammino della mia Esistenza; certo che il quale per Sorte troverà queste mie presenti Carte, sappia nviolabilmente usufruirne; come oppostamente Spero che se la Barbarie si rimanga a far sussistere pretentiose Navi senza Rotta, auguro che questi miei infrascritti ne resti polvere. Sempre che il tempo non avrà distrutto la mia prediletta Chiesa Gentilizia, accosto al mio Palazzo dove mi trovo ancora ad abitare qui in Napoli intitolata di S.ta Maria della Pietà dichiaro di aver proccurato di ridurla a quella magnificenza di Statue, che simboleggiano, virtù e la mia stessa vita, con spesa e cura e arte.Non so se il destinato a leggere questi miei scritti sarà di appartenenza all’età dove la Lancetta del quadrante Celeste avrà toccata la Costellazione di Acquario. Questo non so; voglio però se chicchessia trovasse questo mio Testamento di troppa propia Coscienza, destini la sua Mente alle mie confidenze e poi sia così Probo da divulgarle; gli Uomini che vegliano i quali vivono intenderanno. Sarà per essi l’Aleph.

Io nacqui a’ 30 Gennaio 1710 a Torremaggiore; invero trascorsi il maggior spazio dell’età mia in grembo di questa Città di Napoli, Dominante eccelsa per fatalità di Spirito e d’Istoria. Colpito da Morbo incurabile pe’ Professori, invero aequo se sieno noti gli argomenti della mia esistenza: praticai vita mia durante la Scientia delle Scientiae, il Sigillo di tutte le porte, La Chimica; seguii l’intento dell’Opera che Muta e pervenni al volo della Mente; ben inteso feci solenne e amplissima rinunzia di tutt’altro a benefizio di Essa, inverso la quale volsi la mia ossequiosa attenzione; Essa ha comandato che decorso questo anno, fra ‘L termine del terzo mese (dopo seguito questo mio scritto) di quello avvenire seguirà il trapassamento del mio Corpo. Per ciò; prevedendo io che tra ‘L termine di un mese i miei Estensori non obbediranno al Comando del Cervello; dichiaro che quanto dico è stato instituito da un Progetto della qual Chiave – mi costa de causa scientiae – molti hanno invano formulato con Superbia. Io investito dal Misericordioso Iddio, ho veduto compreso trovato e conceputo il Tesoro che a preferenza di qualunque siasi altro Gioiello va cercato; soscrivo e riscrivo ch’Esso è fonte di Gaudio e di periglio. Quando il trapassamento sarà maturato da decenni, gli uomini avranno acchetato la brama del non sapere? Avranno inteso l’Acqua che non pesa? Confidato nella benignità del destinato postero alla prima Lettura di questo mio scritto, mi preme compendiare che l’Uno procede nella Mistica Concentrazione del Contemplare il noto e l’ignoto; così che lo Spirito va dalla Conoscenza Relativa dell’uomo a quella Eroica. Per dar poi un qualche argomento di questa mia Confidenza letta così Laddove alla mia morte futura in uno con gli altri fogli inseriti e inchiusi al presente dichiaro che ho umilemente appreso e con rettitudine secondo la Testimonianza di Paolo, Origene, Ilario, Giovanni… In ogni caso mi riconosco obbligato a confessare che tutte le strade, niuna eccettuatane, presi per insegnare vita mia durante; pochi invero intesero dal di dentro.

Io, per la Dio Grazia, ho conosciuta la Pietra d’Amore Celeste e mi rimetto ciecamente al Signore Iddio. Tu ch’hai cercato hai trovato; questa è la Legge; seguila. E per maggiormente acchetartene; se l’invincibile possanza del tempo non avrà dato alcun discapito alla riferita Chiesa di S.ta  Maria della Pietà; e se la mia unica, vera, diretta Discendenza siesi estinta o non siesi commendabile per Saviezza; a carico e scrupolo della tua coscienza, rimetto l’onere d’impedirne qualunque alterazione di Essa Chiesa. Raimondo di Sangro Principe di SSevero ho disposto come sopra.

[3] Leggenda vuole che Giuseppe Sanmartino avesse scolpito solo il corpo del Cristo, sul quale Raimondo di Sangro avrebbe poi disteso in un telo di tessuto, successivamente marmorizzato tramite un procedimento alchemico sconosciuto, fino a diventare parte integrante della scultura.

[4] Specialmente dell’Altare, del Disinganno, della Pudicizia velata, della Sincerità, della Benevolenza coniugale, del Dominio di sé, dello Zelo della religione, dell’Educazione, della Liberalità, dell’Amor divino, del Decoro, del Cecco di Sangro, del Cristo velato e della Tomba di Raimondo.

[5] rappresenta un Cristo sdraiato dopo il martirio ed il corpo è ricoperto da un velo che aderisce perfettamente alle forme del viso e del corpo, rendendone visibili in trasparenza i particolari più reconditi, le contratture del volto sofferente, le piaghe del costato, le lacerazioni delle mani e piedi, l’incavo del ventre.